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Visualizzazione dei post da 2016

Mappe

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Io e le mappe. Un rapporto di odio. Loro mi odiano, non si fanno capire. Io le apprezzerei anche, mi incuriosiscono, ma in fondo le guardo sempre con un po' di diffidenza, soprattutto se sono di quelle pieghevoli, sì quelle degli uffici del turismo, perché poi io, com'erano prima, non le piego mai. C'è sempre qualcosa che va fuori posto e il bel libretto con la copertina diventa un malloppo informe che puntualmente si strappa. Niente, io con certe cose non vado d'accordo. Ma non sono queste le mappe di cui io voglio parlare, bensì di un libro già famoso, Mappe , appunto, un libro che avevo già adocchiato con curiosità tra gli scaffali di alcune librerie. Questa settimana, durante il solito giro in biblioteca, l'abbiamo trovato esposto tra i libri consigliati e l'abbiamo portato a casa con la stessa soddisfazione con cui si trova un tesoro (suppongo, comunque, che lo acquisterò, un libro simile vale molto di più di quello che costa. Il prezzo è di 18,70 € ci

Aiuto, dottore, ho la proustatite

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Non è un blog di medicina e io non sono un uomo, quindi è impossibile che io soffra di prostatite e  ne parli per giunta in un blog che dovrebbe essere di libri e cioccolata e a volte parla di tutt'altro ma vabbe'... Il fatto, però, è che io ho scritto proUstatite, e non prostatite... Lo zampino della letteratura qui c'è. Eccome. La casa editrice indipendente Italosvevo (non c'è il sito, quindi vi linko l'articolo del Libraio) ha dato alle stampe il Piccolo dizionario delle malattie lettararie di Marco Rossari , un libretto curioso, un "catalogo dei malanni tipici delle lettere". Perché la letteratura è come una malattia, ma al contrario. Quando prendi l'influenza,  pigli una tachipirina, o un antibiotico e sbuffi impaziente nell'attesa che i virus facciano ciao ciao (mio figlio li descrive come mostrini verdi con le antenne, da sterminare senza pietà); quando ti ammali di letteratura, i virus te li vai a cercare e te li senti tutti, i s

I comfort books

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  Passo intere giornate a pensare cos'è il dubbio  (Alda Merini) Poi ci sono quelle sere in cui mi basta aprire un libretto della grande Alda e trovo sempre qualche aforisma che mi risuona dentro, che sembra racchiudere il senso di giornate un po' così, tra il caldo e il freddo, la noia e l'azione, la tentazione di una coperta morbida e la voglia di perdersi tra le parole. Perché ci sono sere in cui ci si chiede se le parole dette sono state capite, ma poi quelle parole te le ritrovi appiccicate al cuore e allora sì, sai che erano giuste, ma forse erano chiare davvero solo a te.  E ci sono sere che concludono una giornata di  pensieri che hanno la fisionomia del sogno, o di sogni che hanno tutta l'aria di essere pensieri e non si può fare a meno di trovare rifugio in un abbraccio e in un libro caro, di quelli che si aprono solo per essere letti a pezzi, come morsi di una mela golosa. Quei libri che bisogna avere a portata di mano e che talvolta

Come l'acqua... per i fumenti

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 Oggi ho scritto il titolo prima di pensare davvero a cosa scrivere, "Come l'acqua..." ed ecco che mi è tornato in mente i film " Come l'acqua per il cioccolato " e poi il libro da cui è stato tratto, Dolce come il cioccolato (tutta roba recente, eh) e poi, loro. I fumenti. Proprio dalla poesia alla prosa più cruda, dallo struggimento di una storia d'amore piena di infelicità, ai pentoloni fumanti per dare sollievo al mio naso (che poi quando non bastano, vai di ettolitri di acqua di Sirmione). Che dire. Le ultime due settimane sono state un balletto di virus influenzali ( lo so che ne avevo già parlato , ma qui hanno sferrato il grande attacco), che prima hanno più o meno toccato gli altri componenti della famiglia, poi hanno messo ko la sottoscritta, la quale tanto si vantava che con 38 di febbre è pimpante e fresca come una rosa, manda avanti la baracca, ecc.. ecc... e poi ha passato 6 giorni 6 con il febbrone, perfettamente mimetizzata con il

I libri sul comodino

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  Magari capita solo a me, ma ci sono sere in cui mi pare che la giornata sia durata 45 ore, tra l'altro senza pause. Quelle sono sere in cui, se voglio fare qualcosa di intellettuale, guardo facebook (!!!), oppure più saggiamente arranco verso il letto perché ormai sono dissociata dall'universo. Puntualmente, mentre appoggio la testa sul cuscino, un'inquietudine sottile inizia a invadermi le periferie cerebrali. Non prendo subito sonno, piano piano i pensieri prendono forma ed ecco... Sono le 23.30, la casa è già nel silenzio, e  mi ricordo solo in quel momento che devo far partire l'asciugatrice, altrimenti domani il piccolo va all'asilo in pigiama perché in due giorni è riuscito a sporcare tutta la sua fornitura di pantaloni da combattimento. Oppure, e qui è il panico totale, realizzo che domani c'è storia e io ho preparato la lezione di italiano e adesso devo fare appello a forze ignote dentro di me per riuscire a elaborare una lezione come si deve. Mette

Salon du chocolat a Milano

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 Plin, plon. Comunicazione di servizio. A proposito di cioccolata, torte ecc... , sapete che a Milano si apre il Salon du Chocolat? Ecco le date: 13-15 febbraio. Dove? Presso The Mall - Porta Nuova Varesine, zona Garibaldi. Qui tutte le info . Ci sono moltissime proposte,  dal "chocofashion" al "chocofamily". Direi che ci si può sbizzarrire ;-)

Di cioccolata, torte e caffè

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 Il titolo del blog è un inno ai libri e al cioccolato, al cioccolato quello buono, di solito fondente, o fondente e nocciole. Per me questo è IL cioccolato. Ma lo è anche  una cioccolata calda, magari accompagnata da qualche biscottino croccante,o il gianduiotto che ti si scioglie in bocca (e io quelli di Stratta ogni tanto li sogno di notte, mi tocca proprio tornare a Torino per fare scorta). (Comunque no, non sono golosa. In realtà io il cioccolato lo contemplo e lo annuso, poi mangio al massimo la crema di carrube, che è tutta salute...). Prima stavo pensando alla colazione di domani. Il fine settimana è l'unico momento in cui possiamo fare colazione tutti insieme (anche se di sabato io lavoro, ma inizio tardi), quindi mi piace preparare una torta, apparecchiare bene la tavola - cosa che comunque cerco di fare anche durante la settimana - e godermi il caffè in tutta lentezza. Al mattino sono un bradipo, senza caffè vago come un'ameba per casa e non riesco a collegar

Metti un San Valentino a Milano (con l'arte di Ad Artem)

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Il 14 febbraio si avvicina... San Valentino, la festa degli innamorati. Da quando posso festeggiarlo (quel sant'uomo mi sopporta ancora, nonostante tutto), faccio la superiore e dico che è solo una festa commerciale, però poi il regalino lo voglio e se non arriva ci resto anche un po' male. Quando si dice la coerenza. Quando ero più "giovane" (anche adesso sono giovane, molto giovane, sono solo un po' più matura e comunque l'età mentale non corrisponde con quella anagrafica) e non mi filava nessuno, passavo la giornata a rosicare e a lagnarmi sul destino infelice delle single circondate da coppie felici, affiatate e  melense. Le compagne  portavano a scuola i cioccolatini, l'anello di paccottiglia, o il braccialettino e io sbattevo la testa sul Rocci e mi domandavo cosa avessi fatto di male per trascorrere il 14 febbraio con Plutarco. Poi, il 15, un sospiro di sollievo. Tralasciando ora questi dettagli che provocano in me rimembranze depressi

Perché fare l'insegnante

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  Foto di Stuart Miles Quello dell'insegnante è forse il lavoro più criticato di tutti i tempi. C'è il solito luogo comune dei tre mesi di vacanza estivi, rimane salda la convinzione che il professore di pomeriggio non lavori e che ripeta a pappardella le solite cose per tutti gli anni della sua dis onorata carriera. Ancora,  c'è chi pensa che se uno spende i soldi per laurearsi e poi va a fare l'insegnante, è perché, tutto sommato, è un po' sfigato e non ha trovato altro. Se poi si specializza per abilitarsi, insomma, vuol dire che ha proprio soldi da buttar via (sì, perché specializzarsi con i corsi universitari -  la vecchia SSIS, quella frequentata da me, o   i TFA -  costa). La verità? La maggior parte di coloro che fanno parte della mia generazione insegna perché ci crede veramente. E perché crede che non ci sia lavoro più bello dell'insegnamento, a dispetto dello stipendio non proprio principesco.  C'è chi, come me, è approdato all'insegna

I virus influenzali degli uomini sono diversi da quelli delle donne

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  Sono giorni che non scrivo, ma è una settimana in compagnia dei virus influenzali che, a turno, passano a trovare ciascun membro della famiglia. Stavo pensando, però: quando mio figlio è ammalato, giustamente dorme. Quando a essere ammalato è mio marito, giustamente dorme, perché con la febbre a 37.1, si sa, si sta malissimo... Quando sono ammalata io,  mi imbottisco di tachipirina, vado a lavorare, sistemo casa, accompagno e riprendo all'asilo, preparo merende, cucino e la sera stramazzo, col capello stile Medusa e  l'occhiaia gotica. A questo punto mi domando se i virus influenzali subiscano mutazioni strane a seconda che si accomodino  in un corpo maschile o femminile; propendo però per  il caro vecchio luogo comune, per cui le donne semplicemente non ci fanno caso. All'influenza. Cominciano a sventolare bandiera bianca solo quando la febbre sale a 39. L'uomo semplicemente la sventola prima, uno sventolio preventivo, direi. C'è da dire che le giorn

Milano dei ricordi, Milano del Teatro alla Scala

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Ieri, Milano. Tanta, tantissima gente, in piazza Duomo, in Galleria, nelle vie dello shopping che tanto mi ricordano gli anni dell'università e dei primi lavori nella "città del lavoro". Una città multiforme, dagli scorci mozzafiato, dai quartieri pieni di fascino, ma che aspettano di essere scoperti. Milano non si concede - secondo me - in tutto il suo splendore come Parigi, per esempio. Aspetta che qualcuno la sappia guardare, che qualcuno abbia voglia di scrutare nei suoi giardini - che meraviglia, i fenicotteri rosa di Villa Invernizzi - ,   che giri con il naso all'insù per ammirare il Quartiere Liberty, passare in Corso Venezia sotto le losanghe di Portaluppi , poi un caffè in Villa Necchi Campiglio (ma anche una visita guidata, perché no?), o  l'aperitivo a Brera, che sarà scontato, ma che meraviglia è, Brera?    I fenicotteri rosa di Villa Invernizzi    Villa Necchi Campiglio La Brera del mio primo lavoro "importante" (face

Di luna e di ali di drago

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"Fotografiamo la luna, sta sorridendo!", esordisce mio figlio in una passeggiata di tardo pomeriggio, quando già il cielo non è più azzurro e sta scivolando nella notte di questo gennaio inspiegabilmente di sole. La luna è alta, grande, piena e lucente. Viene spontaneo, sul ciottolato della piazza del Duomo, fermarsi con il naso all'insù. Il mio piccolo prende il mio cellulare, scatta una foto, poi un video "Ciao luna, sorridi" . La gente che passa di lì lo guarda con tenerezza, ma lui è impegnato, deve catturare quello sguardo giallo, sopra quel campanile a cui lui è tanto affezionato. Chissà cosa gli dice, la luna. Chissà cosa vede in quegli occhi lontani. Mi prende la mano, è ora di tornare e di raccontarci la giornata, i suoi disegni, i suoi giochi. A casa, non stanco, decide di essere un drago. Disegniamo le ali un po' verdi, e un po' colorate, dopotutto chi sa se davvero i draghi sono verdi. Un paio d'ali anche per me, perché lui è dragh

Chiudiamo le scuole!

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  Qualche giorno fa, ho partecipato a una discussione su un gruppo facebook riguardo a un fatto di cronaca. Due studenti, in una scuola superiore, si stavano picchiando, l'insegnante che sorvegliava i corridoi all'intervallo è corsa per sedare la rissa e si è beccata un pugno in faccia (sembra per sbaglio), cosa che ha reso necessario l'intervento del 118. Tanti commentavano costernati e scandalizzati l'accaduto, qualcuno si lamentava con le solite frasi fatte (Dove andremo a finire?) e uno ha invitato tutti a rileggersi Chiudiamo le scuole! di Papini, come testo esemplare che avrebbe chiarito tutto sull'argomento scuola e disagio. Io ho colto quell'invito, perché, insomma, mi sembra naturale che si debba giudicare la scuola del 2016 in base a uno scritto del 1914, quando neanche Gentile si era affacciato al Ministero della Pubblica Istruzione. Ma tant'è. Uno scritto di letteratura, di Papini poi che mi è pure simpatico, si trova sempre il tempo di leg

I muffin ai mirtilli di Rimbaud

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No, non so se Rimbaud mangiasse muffin ai mirtilli, probabilmente neanche sapeva cose fossero i muffin ai mirtilli, ma visto che, quando ho scritto della locanda verde , mi sono anche sbafata i muffin ai mirtilli, ecco che quei muffin sono stati ribattezzati "Muffin ai mirtilli di Rimbaud". Quante volte ho scritto muffin ai mirtilli? E, visto che l'avevo promesso, ecco qui la ricetta. Con una premessa: la forma è sicuramente quella dei muffin, ma qui non c'è la distinzione tra ingredienti secchi e liquidi che vanno miscelati prima separatamente e poi insieme. Si mette tutto nella stessa ciotola, subito, quindi sono più tortini che muffin, almeno credo. Però nel ricettario (un inserto di Cucina moderna , intitolato Cake ) sono chiamati muffin. In ogni caso, sono proprio buoni! Ingredienti (rispetto all'originale, ho messo meno mirtilli e meno zucchero) 250 gr di farina 0 1 bustina di lievito per dolci 2 uova 120 gr. di mirtilli (200 gr. nella ricet

L'inserto domenicale del Sole 24 Ore e piccole considerazioni sull'arte

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  Stamattina, era ancora presto, ho visto il sole filtrare dalle finestre. Il sole, in inverno, è sempre una sveglia felice. Anche con le imposte chiuse, già si intuisce che fuori sarà colorato, che si percepirà un po' di tepore, anche se tra folate di vento gelido. Se poi, come stamattina, è di domenica mattina, ci si prende tutto il tempo per la colazione, le chiacchiere e i giochi in pigiama. ( Ovviamente svegliarsi tardi resta un'utopia, ma se la sveglia umana - leggi: il cinquenne - arriva anche solo alle 8.00, si può essere felici e festeggiare per la gran dormita). Con il sole si esce, si respira il vento e si guardano all'orizzonte le montagne innevate, che sembrano così incredibilmente vicine, stagliate sull'orizzonte di pianura. Lo sappiamo tutti che è un'illusione concessa dal tempo sereno, ma è bello godersela così. Mi piace passeggiare e godermi i piccoli riti domenicali. Come l'acquisto del Sole 24 ore. Non capisco niente di economia, s

Alla locanda verde di Rimbaud e una tazza di tè

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Fa freddo, oggi. Passati due giorni che sembravano un'illusione della bella stagione, con il cielo terso così raro qui da noi (lo diceva già Manzoni, un cielo così bello quand'è bello), il sole forte e basso di un gennaio che non si crede tale, rieccoci - nuovamente  e giustamente- nell'inverno.  Spiace, però, dover tornare indietro: al tempo di primavera ci si abitua subito. Un tempo che invoglia a camminare nel vento già profumato, per poi trovare ristoro davanti a una tazza calda, a del cibo buono, che sa di buono. Ieri, è stato tutto questo. Dopo il lavoro, dopo l'asilo, una passeggiata con le guance arrossate, a guardare il cielo attraverso le bifore del duomo, sopra i tetti dei palazzi storici. Quanti passi in più rispetto ai giorni di nebbia. Pensavo a Rimbaud, Alla locanda verde. Alle cinque di sera e a quel raggio di sole che fa d'oro la spuma nel boccale. L'ho capito ieri - le piccole intuizioni che mi fanno felice - , era il sole di ieri il

Bruno Munari al MUBA di Milano... E ricordi su Rodari

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 Si naviga in internet, si leggono notizie, poi all'improvviso si finisce sulla pagina del MUBA (Museo dei Bambini di Milano) e si viene a sapere che il 22 gennaio apre una mostra speciale: Vietato non toccare , "un percorso di gioco impostato sulla scoperta, la meraviglia, l’esperienza tattile e visiva, la sperimentazione e il fare. Poche regole e tanta libertà di muoversi per scoprire il mondo di Bruno Munari. I bambini, insieme alle loro famiglie, possono esplorare le diverse installazioni con tutto il corpo, vivendo un’espe­rienza unica e suggestiva: toccare, manipolare, comporre, scomporre, sperimentare sono parte del processo di apprendimento tipico dell’infanzia". Ammetto qui tutta la mia ignoranza, ma per me il nome di Bruno Munari è legato a doppio filo a quello di Gianni Rodari . So che Munari è molto di più (e qui potete farvi un'idea di quale grande artista sia stato), ma ripenso ai miei libri di bambina - e dai con l'amarcord, non mi basta

Le Silly Symphonies di Disney e la gioia della lettura condivisa

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Credo fermamente che uno dei grandi piaceri della vita sia la lettura e, per essere puro piacere e non studio, deve essere di sera, a letto, sotto le coperte. Mi piace che ci sia silenzio, che la mente sia sgombra dalle cose da fare, per lasciare così che la stanchezza della giornata si sciolga  tra le pagine. Quante notti passate a leggere, quante volte mi dicevo, a mezzanotte, "basta, l'ultima pagina", poi guardavo l'orologio ed erano già le 2. Ora, da mamma, spero di riuscire a trasmettere questo mio amore viscerale per i libri anche a mio figlio. Leggo per lui da sempre e ho capito quanto sia importante la lettura ai bambini anche grazie a  Me lo leggi? di Giorgia Cozza , libro che vi consiglio caldamente, per comprendere tutti i benefici della lettura condivisa con i bambini. Anzi, già che ci siete, leggete anche tutti gli altri libri di Giorgia, primo fra tutti Bebé a costo zero . Non ve ne pentirete, sono libri che parlano dritti al cuore e aprono la mente.

Dell'Ikea e di altri demoni

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 Foto Ikea So già che parafrasare un titolo così celebre per adattarlo al locus consumisticus per eccellenza suona come eresia, ma ieri  riflettevo tra me e me sulla potente capacità  di attrazione che l'Ikea esercita nei confronti del genere femminile e, in particolare, sull'attrazione che esercita su di me. Amo andare all'Ikea. Mi piace gironzolare per l'esposizione dei mobili, comprare quelle meravigliose inutili cianfrusaglie che secondo me abbelliscono tanto la casa e secondo mio marito portano tanta polvere "e poi lo sai che sono allergico". Mi piace anche pranzare all'Ikea, che pure ha un menu sempre uguale a se stesso dalla sua fondazione;  di solito mangio il salmone, o se mi sento eroica, le famose polpette (con la salsina). C'è una sorta di rituale circolare della visita perfetta all'Ikea, che comincia a casa con lo studio meticoloso del catalogo, del sito o dell'app, prosegue in negozio con una visita che si protrae per o

L'Epifania tutte le feste porta via

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 Ecco, a me questo proverbio "L'Epifania tutte le feste porta via" ha sempre fatto venire una malinconia tremenda. Ricordo che, da bambina, l'Epifania mi metteva solo tristezza... Forse perché qui dalle mie parti la Befana non si festeggia (i doni li porta Santa Lucia il 13 dicembre), e quindi la simpatica vecchina mi è sempre stata estranea. I Magi arrivavano nel presepio, e io mi chiedevo sempre perché dovessero arrivare proprio all'ultimo giorno, quando poi - di lì a poco - il presepe sarebbe stato riposto in una scatola, in attesa del prossimo Natale. Cosa poi fosse la mirra, per me bambina era un autentico mistero. Ora che so cos'è la mirra, che ho fatto pace con la scarsa tempestività dei tre Magi nel presepe, che  la Befana è tuttora un'estranea al mio lessico famigliare, il 6 gennaio sento sempre un piccolo pianto dentro, una lacrima di malinconia che non ho il coraggio di esternare, ma che è lì, pronta a bussare ai miei pensieri nel corso

Pupazzi di neve, torta di mele con crema confortevole e Pablo Neruda

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Stamattina i tetti erano imbiancati, ma la neve era già scomparsa dalle strade e dai cortili. Mio figlio si è svegliato, "ohh, la neve", e non voleva credere che di neve ne fosse rimasta ormai solo una traccia. Se cade la neve, bisogna per forza fare un pupazzo. Così siamo usciti, la giacca pesante, i guanti felpati e il cappello calato sulle orecchie. Faceva freddo, ma la gioia bambina, si sa, riscalda ogni cosa. Ci siamo trovati con gli amichetti, e i bimbi hanno corso per due ore, finendo esausti con le guance arrossate e gli occhi luccicanti di gioia. E il pupazzo? Io mi ostinavo a ripetere "non c'è neve, come si fa", ma loro hanno trasformato quei pochi mucchietti rimasti sulle aiuole in una pallina ghiacciata. "Ecco il pupazzo", dicevano orgogliosi e io ho invidiato, ho invidiato davvero  la fantasia unica dell'infanzia, quella che ha il potere di trasformare tutte le cose. A casa il tepore ci ha riscaldati. "Mamma, cosa facciamo

I poeti lavorano di notte (al ritmo della neve)

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È arrivata la neve e con lei l'inverno. Nei giorni scorsi qui tutto ero grigio di nebbia e i contorni si perdevano in quella coltre lattiginosa. Questa sera la neve è arrivata copiosa. Mi ha colto alla sprovvista - non credo mai al meteo  e sbaglio, lo so -, ma l'ho salutata da dietro le finestre, stringendo tra le mani una tazza fumante. La verità è che amo la neve solo se posso stare a casa, perché la neve mi induce a cercare un rifugio. È buio, fuori dalla finestra. C'è la tenue illuminazione dei lampioni e già alcune luci di festa hanno abbandonato i balconi sulla via. Eppure, è ora che è diventato inverno per davvero, anche se il tempo della festa sta ormai volgendo al termine. Guardo i fiocchi che cadono, accarezzo la testolina bionda di mio figlio e metto sulle spalle un morbido plaid. Apro il computer. Mi piace scrivere nel silenzio della sera e mi piace immaginare che i fiocchi di neve, le ore notturne, i silenzi  siano la cornice per un ticchettio opero